(761) [1] Nella Teseide, VII, 29 e 50, le preghiere di Arcita e di Palemone se ne vanno invece da sé medesime, come fosser vere persone, alle divinità cui sono dirette: a Marte ed a Venere.
(762) [1] In origine non era così. Iride nell’Iliade è altrettanto messaggera di Giove, quanto di Giunone. Solo a poco a poco se ne venne a fare un’ancella speciale della regina degli Dei, aggravando via via le brighe e gli uffizi del figliuolo di Maia.
(763) [2] Nel capitolo XIV.
(764) [3] Una prima volta l’ordine di accendere il furore guerresco era dato direttamente, non per via di ambasciatori (Theb., III, 218). - Del resto l’andata di Michele trova parecchie altre analogie più o meno remote; per es., un’Oreade apportatrice alla Fame del volere di Cerere nelle Metamorfosi (VIII, 784).
(765) [1] Ho davanti la Conqueste nella ristampa lionese del 1583, dove le è stato imposto per titolo La Chronique de Turpin. L’episodio che a noi importa sta nelle pagine 109-112. La concisione del Bolza ne fa concepire un’idea non bene esatta.
(766) [2] Aen., VIII, 702: «Et scissa gaudens vadit Discordia palla». Anche il Lavezuola rileva come l’Ariosto si sia discostato nella rappresentazione sua da Virgilio e da altri antichi: Petronio e il retore Aristide.
(767) [3] Creare ad esseri divini una dimora rispondente ai loro attributi e descriverla particolareggiatamente, fu un compito gradito ai poeti antichi, specialmente latini. Oltre agli esempi di cui si discorre nel testo, è da citare la dimora dell’Invidia (Met., II, 760) e della Fama (Ib., XII, 39) in Ovidio, di Marte in Stazio (Theb., VII, 40), di Venere in Claudiano (Epith.
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