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      (784) [1] DOLCE; BOLZA, l. c.
      (785) [2] Fur., XVII, 10: Aen., II, 445-49 - st. II: v. 469-75 - st. 12-13: v. 479-90. A qualche tenue intromissione di Stazio (e in parte si tratta di mera analogia) il Romizi, Fonti lat., p. 142, dà troppo rilievo. La segnalazione risale anche qui sostanzialmente al Furioso del Valvassori.
      (786) [3] Ecco i luoghi da confrontare: Fur., XVIII, 21: Aen., IX, 789-92 - st. 22: v. 792-98; 806-07, paragonando al tempo stesso Inn., I, XI, 44-45 - st. 23-24: v. 799-801; 815-17.
      (787) [1] Aen., VII, 341. Si badi che anche la Gelosia s’insinua in Rodomonte «Fredda come aspe» (st. 33). E c’è qui come una certa titubanza tra due rappresentazioni disparate: «A quello annunzio entrò la Gelosia.... et abbracciò costui.» Bisogna ricorrere alla genesi storica, per rendersi chiara ragione della cosa.
      (788) [2] Pag. 231; 233.
      (789) [3] II, XXIX, 16. Se peraltro il Boiardo avesse compiuto il poema, avrebbe senza dubbio fatto morire Dardinello per mano d’Orlando, e non di Rinaldo. Giacché, egli deve essere ucciso in grazia dell’insegna del quartiere (l. c.): «E pur cotale insegna, più né manco, Portava indosso ancora Orlando il conte; Ma a l’un di lor portarla costò cara.» L’Ariosto si rammentava bene di questo passo, e almeno in apparenza, volle che avesse appagamento (XVIII, 147-48). Ma l’artifizio è troppo manifesto.
      (790) [4] II, XXII, 26: «Era già prima in corte Dardinello, Nato di sangue e di casa reale, Ché fu figliuol d’Almonte, il damigello, Destro ne l’arme, come avesse l’ale; Molto cortese, costumato e bello, Né se potrebbe apponervi alcun male».


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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