Determina tuttavia di tenerlo prigioniero tutta la vita. Questo fatto, se non m’inganno, dovrebb’essere il medesimo che si narra poi molto tempo dopo da Girone stesso (f.o 777). Che ci siano diversità gravi tra le due esposizioni, in un libro di questa sorta non può recar meraviglia.
(1346) [1] Pag. 278-79. Probabilmente questo fatto è tra quelli che il Löseth condensa dietro il cod. parig. 3325 appiè della p. 441.
(1347) [2] Cfr, Fur., XXIV, 40; 43.
(1348) Giammai.
(1349) [3] Cfr. XXIV, 41-42.
(1350) [1] Cfr. XXIV, 37.
(1351) [2] V., quanto all’impiccamento, pag. 235. Il Castelvetro, (Poetica, Spositione della P.te 3a, partic. 7a, in fine, f.o 120 v.o nell’ediz. originale), ha una notizia, che deve qui trovar luogo. Egli afferma che l’Ariosto rubò «senza mutar nulla la favola di Zerbino da Henrico favolatore d’Henrico quarto.» Chi sono costoro? - Quel primo Henrico potrebb’essere uno sproposito per Elia, «Helie», il preteso autore del Palamedès; quanto al secondo, non sarebbe errato il nome, ma solo il numero. Ma che s’intende, dicendo favola di Zerbino? - Secondo me, i casi colla vecchia. Altrimenti pensò il Lavezuola: intese della storia narrata da Isabella nel canto XIII.
(1352) [1] V. pag. 261 n. 1, 287, 312 n. 1; e cfr. pag. 291.
(1353) [2] V. pag. 146 e 291.
(1354) [3] Pag. 221.
(1355) [4] V. p. es. PITRÈ, Fiabe, II, 346: La Palumma.
(1356) [5] «Del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno».
(1357) [6] Così nella fiaba citata: «La palumma, attrivita, non fuija; ma comu la vidia vicinu, pigghiava lu volu, e si java a pusari ora ccà ora ddà. Figuràmuni lu currivu di la picciotta!
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