1036, f.o 199. V. MORPURGO, I Mss. della R. Bibl. Ricc., I, 31.
(1471) [3] Voglio alludere al verso (st. 84), «Oro le corde, avorio era lo stelo», a cui il Boiardo non fornisce riscontro. Invece gli antecessori non soglion dimenticare le corde, sebbene - ed è troppo giusto - le faccian di seta, non d’oro. Che se il Pulci dice, XIV, 86, «Le corde aveva e gli altri fornimenti Di seta e d’oro, e più che ’l sol lucenti», l’oro vorrà, credo, esser riferito agli «altri fornimenti». Quanto poi allo stelo, l’avorio, allorché si specifica, ne è la materia consueta. Nell’Alessandreide, p. 53: «l’estace en fu d’ivoire»; nel Padiglione attribuito a Michele da Siena: «E ’l fusto era d’osso di leofante». Solo nel Padiglione di Carlo Magno, o comunque si voglia chiamare, st. 20: «El fusto suo era d’ambra e corallo».
(1472) [1] Il ravvicinamento è del Romizi, Fonti lat., p. 13. Con lui non è invece da consentire (V. la nota precedente) quando par derivare dall’avorio del letto latino l’avorio dello «stelo» nostro.
(1473) [2] È da segnalare, per ragion di data, una sala del palazzo di Azzone Visconti, descritta a noi da Galvano Fiamma (R. It. Scr., XII, 1012).
(1474) [3] Per quello detto di Schifanoia, V. la recente pubblicazione di G. Agnelli e V. Giustiniani, Il Museo di Schifanoja in Ferrara; Ferrara, 1898.
(1475) [4] A ciò ha pensato anche il Cimegotto, Studi e ric. sul Mambr., p. 72, in nota.
(1476) [5] Non si riesce a distinguere bene, per verità, cosa sia «dipinto» e cosa «scolpito»; dacché l’autore si serve di ambedue le voci.
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