(1498) [1] Pag. 348.
(1499) [2] Pag. 236 sgg.
(1500) [1] Fur., XXIII, 77-79: Inn., III, VI, 44.
(1501) [2] Cfr. XXIII, 80 con XII, 45.
(1502) [3] XXIII, 81: «Così dicendo, Durindana prese, E ’n mezo il campo a un arbuscel l’appese.» XII, 46: «Così dicendo, l’elmo si disciolse, E lo suspese a un ramuscel di faggio».
(1503) [4] PANIZZI. Fur., XXIII, 83-84: Inn., III, VI, 47-48.
(1504) [5] V. pag. 312.
(1505) [1] V. pag. 256.
(1506) [2] PANIZZI.
(1507) [3] Per capire il dissipata, si cfr. XX, 33-34, dove Brandimartc è stato conciato a quel modo.
(1508) [4] Senza l’aiuto di Angelica, Medoro sarebbe morto per dissanguamento (XIX, 16). Però anche la cura non urta punto contro la verosimiglianza: (st. 24) «E fu di tal virtù questo liquore, Che stagnò il sangue, e gli tornò il vigore.» Un caso non privo di analogia è nel poema del Cieco, canto I, quello di Mambriano, che, trasportato dalle onde all’isola di Carandina dopo aver patito naufragio, giace come morto sulla spiaggia (st. 28). L’incantatrice viene a lui, lo ritorna in perfetta salute, e gli offre sé medesima (V. pag. 164). Qui tutto avviene a vapore, e in modo, per verità, da far ben poco onore alla fantasia ed al giudizio del poeta. Non c’è nulla né della genialità del Boiardo, né della finitezza e della ragionevolezza dell’Ariosto.
(1509) [5] ROMIZI, Fonti lat., p. 52, riparando ad una mia omissione. Non direi tuttavia con lui che da Virgilio provenisse la «verosimiglianza» della guarigione ariostea. O non si tratta lì di un fatto miracoloso e non è primo il medico Iapige ad accorgersene (v. 427)?
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Fur Inn Cfr Durindana Inn Brandimartc Angelica Medoro Cieco Mambriano Carandina Boiardo Ariosto Fonti Virgilio Iapige
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