Moutier), perché non s’abbia ad ammettere col Lavezuola un rapporto diretto. «... Il vide nel viso divenuto bruno, e gli occhi rientrati in dentro, che appena si discernevano. Ciascuno osso pingeva in fuori la raggrinzata pelle, e i capelli con disordinato rabbuffamento occupavano parte del dolente viso, e similmente la barba grande era divenuta rigida e attorta». Sicché, a quanto pare, i romanzi della Tavola Rotonda diedero a Lodovico l’idea generale; il Boccaccio suggerì le determinazioni specifiche.
a) Attentamente. - b) Né poco né molto.
(1576) Gli sterpi, la siepe.
(1577) [1] V. p. 89.
(1578) [2] Di esse pure fu fatto parola nel luogo indicato. Si riporterà di nuovo la mente a queste scene alla fine del cap. XVI e nel XVII.
(1579) Cinghia.
(1580) Maggiore.
(1581) [1] Un episodio consimile, anch’esso, a mio credere, imitazione del Tristan, e probabilmente non ignoto all’Ariosto, trovo nell’Amadís. Riguarda l’eroe del romanzo, e le sue armi, rimaste esse pure ad una fonte, in condizioni che già ho avuto ad accennare (pag. 401, nota). Non c’è spogliamento solenne, badiamo bene; le armi sono lasciate, a quel che pare, solo perché Amadís ha deciso di darsi a vita penitente. Comunque sia, arriva poi a quel luogo Don Guilan, che va appunto in traccia di Amadís (l. II, c. V): «É cuando Guilan» - raccontano certe donzelle che assistettero alla scena - «vió el escudo por quien preguntais, hobo gran pesar, é descendiendo de su caballo, dijo que no era para estar así el escudo del mejor caballero del mundo; é alzólo del suelo llorando de corazon, é púsolo en aquel brazo de aquel árbol, é díjonos que lo guardásemos en tanto que él buscaba á aquel cuyo era». Guilan, riuscite vane le ricerche, è poi ritornato, e prese le armi, s’è avviato alla corte del re Lisuarte.
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