Al quale si rannoda quello altresì di Amato e Turno nel XII dell’Eneide, v. 54 sgg., richiamato dal Romizi (Fonti lat., p. 65 e 145 n. 1) per un riscontro, che, com’egli stesso sa e dice, ha luogo tuttavia, sia pure con un po’ meno di convenienza estrinseca, anche con Silio.
(1606) [1] V. pag. 246.
(1607) [2] V. pag. 306.
(1608) [3] XXXI, 10: «Però che lui sotto la vista offese Di tanto colpo il cavalliero istrano». - St. 23: «Rivolve tuttavia tra sé Rinaldo Chi sia l’estrano cavallier sì forte». - St. 24: «Da l’altra parte il cavallier estrano».
(1609) [1] V. pag. 307.
(1610) [2] Rispetto a questo motivo considerato in genere, rimanderò ai copiosi esempi raccolti nell’illustrazione del Köhler al Lais de Milun (Die Lais der Marie de France herausg. von K. WARNKE, Halle, 1885), p. XCVII. Qualcosa in proposito, riferendomi in particolar modo al nostro Guidone, dissi ancor io nelle Origini dell’Ep. fr., p. 414.
(1611) [3] V. pag. 79.
(1612) [1] Dalle nostre versioni abbreviate non apparirebbe. Appare bensì dall’originale, che c’insiste non poco. Trist., II, f.o 26 v.o: «Lancelot est endroit soia) trop esbahiz de ceste joste; car il dit a soi meismes que cestui est le greignor [cop] de glaiveb) que il receüst: il ne porroit estre en nule maniere du monde que cilz chevaliers ne fust de haut afere durement qui aussi l’a feru. Bien puet dire seürement que a ceste foiz a il bien trové josteor. - Se Lancelot est esbahiz, encore est Tristans plus. Bien a esté feru de lance en ceste encontre: ce puet il bien dire par verité. - Ainssi sont enduic) pensis; chascun se merveille a soi meismesd).»
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