ARIOSTO, St. 35-36. Se anche per questa parte intendesse di istituire un confronto Sciahzemān presso il Burton (p. 6), egli avrebbe ben torto. Nulla egli ne dice poi parlando con Sciahrijār (p. 8).
(1682) [1] La specificazione, che si tratti di un gioiello, mi č data dal Lane e dal Burton, lā dove Sciahzemān narra la propria sventura a Sciahrijār. Nel manoscritto del Galland, giusta la versione del Caussin de Perceval, il re di Samarcanda rientra in cittā per dire addio alla moglie. Ma come mai, se gli addii non fossero giā seguiti, la donna oserebbe avere il drudo con sé?
(1683) [2] E come abbiam nellAriosto (st. 27), Ģpar che gli occhi si ascondan nella testaģ, sentiremo Sciahzemān dire al fratello (Burton), Ģ... Solo la fatica... ha fatto che gli occhi si sprofondassero nel mio capoģ. Cito questo esempio di convenienza minuta, non giā per dargli importanza, bensė per avvertire che corrispondenze siffatte non ne hanno in casi di questa natura, se non in quanto rendono pių evidente la somiglianza sostanziale. Alberi della stessa specie metteranno foglie congeneri.
(1684) [1] Tale č quello della storia di Devadatta nel Kathâ-sarit-sâgara, cap. XXI, riferito nello scritto dei Rendiconti dei Lincei, a p. 276. E insieme segnalerō la regina Kâmalîlâ nella Įukasaptati, e la regina Kinnarâ, rimandando alla mia memoria nel Giorn. della Soc. Asiat. Ital., p. 179 e 190. Si cfr. altresė ciō che nel Giornale stesso, IV, 130-31. dice F. L. Pullč.
(1685) [2] Cfr. BENFEY, Pantschatantra, I, 444.
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