(1686) [3] Il drudo č un gobbo nella storia, che ci tocca ben da vicino, di Kinnarâ, stando al ragguaglio piů particolareggiato che se n’abbia finora, ossia a quello del Kunâla-giâtaka. Un’altra versione parlava invece di un uomo a cui eran stati mozzati piedi e mani; e ad essa l’erudizione indiana riferiva un detto del Buddha: «Ogni donna peccherŕ, se le si presenta l’occasione di farlo in segreto, quand’anche il drudo sia privo di braccia e di gambe» (BENFEY, p. 442). Anche questa sentenza torna opportuna per noi; e opportuno riesce altresě, sebbene fornito da un tema narrativo che col nostro ha semplice affinitŕ, lo sciancato (Pancatantra), od il mutilo (Daçâ-kumâra-ciarita, Kangiur) della storia della donna ingrata (V. Giornale cit., IV, 133-34; e cfr. XII, 187 e 194). Quanto alla specificazione del nano nell’Ariosto, era data e dall’uso delle corti d’allora, e da racconti parecchi, cosě nei romanzi della Tavola Rotonda, come fuori di lě. E a questo proposito puň menzionarsi anche l’onta di Costantino. Chi voglia saperne di piů (la questione ha ora perduto la massima parte della sua importanza), puň ricorrere alla mia 1a ediz., p. 393-95.
(1687) [4] V. qui pure BENFEY, p. 444; inoltre p. 275.
(1688) [5] Giornale, XII, 179, 183, 185, 188, 190-91, 193. Qui rileverň pure come con sdegnoso disprezzo s’allontani dalla moglie infedele anche re Devadatta.
(1689) [1] Romania, IX, 9.
(1690) [2] Un giorno che Carlo Magno era a S. Dionigi in gran pompa, dice alla moglie, se essa abbia mai veduto re, al quale stesse tanto bene la spada, e in capo la corona.
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