La regina risponde di conoscerne uno, cui la corona sta meglio. Carlo s’adira, vuol che si venga a un paragone, e domanda chi sia. La donna, dopo essersi schermita, dice che è l’imperatore Ugone di Costantinopoli; e Carlo si mette in viaggio per andare a lui. - Oltre che nell’antica redazione poetica, su cui è condotto il mio sunto, questa scena è data nel Galien Restoré di un codice parigino ed in quello delle vecchie stampe (KOSCHWITZ, Sechs Bearbeitungen des altfr. Gedichtes von Karls des Grossen Reise ecc., Heilbronn, 1879, p. 73 e 98).
(1691) [3] Quivi si narra (v. 411 sgg., I, 516 nelle Poésies de Marie de France del Roquefort) come a Pentecoste, dopo il pranzo, re Artù avesse per costume di far salire la regina sopra un banco elevato, chiedendo poi alla baronia: «Segnur barun, que vus en sanble? A sous ciel plus bele roïne, Pucele, dame, ne mescine?» - Ognuno, naturalmente, rispondeva che no, e poneva Ginevra sopra tutte le belle. Ma una volta un cavaliere di nonne Graelent, al quale era toccata la rara fortuna di acquistarsi per amica una fata, tace e sorride. Denunziato ad Artù da Ginevra, che lo ha scorto, dichiara di conoscere una donna incomparabilmente più bella; il che lo induce nella necessità di provare il suo asserto, o di subire un giudizio, che terminerà certo con una sentenza terribile. Del Graelent, un tempo attribuito a torto a Marie de France, sono varianti per noi poco opportune il Lanval di questa rimatrice (Op. cit., I, 202, e p. 86 nell’edizione dei Lais di Maria curata dal Mall, Halle, 1885) e la nostra Pulzella Gaia («Per nozze Cassin-D’Ancona, Firenze, 1893). Piuttosto si può menzionare un luogo dell’Erec di Crestien de Troies, v. 3226 sgg. nelle edd. del Foerster.
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