(2233) [2] Il corno di codesto lai non ha la virtù di far vino dell’acqua, che è una giunta troppo manifesta di chi, ricalcando le orme altrui, voleva pur dire qualcosa di nuovo. L’altra proprietà è spiegata con molto maggior diffusione, o piuttosto prolissità, da una scritta che si legge sul corno stesso: (v. 229) «Cest corn fist une fee, Raumponeusea) erreeb), Et le corn destinac) Que ja houme ne bevera, Taunt soit sages ne fous, Si il est cousd) ne gelous, Ne ki nule femme heite) Qui heit fol pensé feit Wers autre ki a lui,» e così via per altri 24 versi, che amo lasciare dove stanno. Piuttosto mi giova di riferire che Artù, montato dapprima in furore, si rasserena totalmente allorché vede di avere tanti compagni di sventura: (v. 457) «Quant voit li rois Artuz, Sour touz est espaunduz, Hounkes pus n’out delf) ne ire; Einz comença a rire». Cfr. Fur., XLIII, 44.
a) Schernitrice. - b) Il Wulff correggerebbe «e iree» - c) Fatò. - d) Cornuto. - e) Abbia. - f) Più non ebbe duolo.
(2234) [3] Anch’esso pubblicato primamente dal Michel, Op. cit., pag. 342-361; ed esso pure ridatoci in forma critica dal Wulff, Romania, XIV, 343-380. Il Mantello ha alla sua volta generato un Guanto, che noi abbiamo nella Crône di Heinrich von dem Türlin.
(2235) [4] Non vorrei tuttavia assicurare che alla leggiadria dell’invenzione sia da attribuire che il Mantello paia aver avuto nel mondo germanico fortuna maggiore del Corno. Da una delle versioni tedesche prende argomento la memoria seguente, che qui addito per ciò che v’ha in essa di generale sulla storia dei nostri temi: WARNATSCH, Der Mantel.
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