(2248) [5] Dal Dobelli, nello studio citato a p. 177, n. 3.
(2249) [1] V. pag. 459.
(2250) [2] V. anche Antonino Liberale, Metam., cap. XLI. Ovidio, con ottimo giudizio, si contenta di accennare in confuso la fiera rivincita della moglie con un «laesum prius ulta pudorem» (VII, 751). Sulla bocca di Cefalo il racconto di questo fatto sarebbe riuscito sconvenientissimo. E più ancora ne sarebbe stata sconveniente la rappresentazione scenica. Quindi per Niccolò da Correggio la necessità di mutare.
(2251) [1] Cfr. XLIII, 132-33.
(2252) [2] Cfr. st. 138.
(2253) [3] St. 139.
(2254) [4] St. 140-43. Qui, certe parole di Antonino Liberale risponderebbero meglio al concetto dell’Ariosto: «Procri rinfacciò a Cefalo d’esser caduto in una colpa molto più vergognosa della sua.»
(2255) [1] Cfr. pag. 283 e 353.
(2256) [2] Si consideri come anche per il cane di Adonio si parli di «annella» (st. 111), di «Filze di perle» (st. 114), e perfino di «leggiadra veste e di gran prezzo» (st. 111). Tra le versioni della fiaba che hanno la pianta, segnalerò la narrazione del Basile (Cunto de li Cunti, Giorn. I, tratten. 6), così ragguardevole per il tempo in cui fu messa in iscritto, e la Gràttula-beddàttula siciliana (PITRÈ, Fiabe, Novelle, Racconti, I, 368); tra le altre, la redazione romana raccolta da R. H. Busk (The Folk-lore of Rome, p. 26), la fiorentina dell’Imbriani (Novellaia fior., p. 151 nell’ed. del 1877), la pisana del Comparetti (Novelline popolari italiane, I, 95). Nell’Aschenputtel dei Grimm (Kinder- und Hausmärchen, n. 21) s’hanno, insieme associati, pianta ed uccello.
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