Costoro non hanno in costume né di mangiar pane né cibo fatto di niuna sorte, ma si nutriscono del latte dei loro camelli, ed è l'usanza loro di bersi la mattina una grande scodella di quel latte, cosí caldo come egli esce delle camelle. La sera poi è la cena loro certa carne secca bollita in latte e in botiro, la quale come è cotta, ciascuno se ne piglia la sua parte in mano, e mangiato che hanno beono quel brodo, adoprando in ciò le mani in vece di cocchiari. Dipoi beonsi una tazza di latte, e questo è il fine della cena. E mentre dura loro il latte non si curano altrimente di acqua, massimamente la primavera, in tutto il tempo della quale si trova alcuno fra loro che non s'ha lavato né mani né viso: e questo aviene sí perché in quella stagione essi non vanno alla campagna ove è l'acqua, avendo come s'è detto il latte, e sí ancora perché i camelli, quando mangiano l'erbe, non sogliono bere acqua. La vita loro fino al dí che muoiono è posta tutta o in cacciare o in rubbare i camelli dei loro nimici, né si fermano in un luogo per maggiore spazio di tre o quattro giorni, il che è quanto i camelli mangiando consumano l'erba che vi si trova.
Questi, ancora che detto abbiamo che vivono senza regola e senza ragione, hanno nondimeno per ciascun dei lor popoli un principe a modo di re, al quale rendono onore e gli obbediscono assai. Ben sono ignoranti e senza cognizione non pur di lettere, ma né di arte né di virtú alcuna. E fra un popolo a gran fatica trovar si può un solo giudice che tenga ragione, di modo che, se alcuno è astretto da qualche litigio o da ricevuto spiacere, per trovare il padiglione del giudice gli convien cavalcar cinque e sei giornate.
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