Il pane era fatto di miglio e di panico, schiacciato e molto sottile. Ultimamente ci furono portati datteri in molta abbondanza e vasi grandi pieni di latte. Il signore ancora egli volle onorare il convito della sua presenza insieme con alcuni de' suoi piú nobili e parenti di lui, ma da noi separati mangiarono. Fece venire ancora alcuni religiosi, e quei litterati che si trovavano a seder con lui. E mentre si mangiò niun di loro toccò mai pane, ma solo presero delle carni e del latte. Per il che accorgendosi il principe, a certi nostri atti, che noi di ciò eravamo rimasi stupefatti molto e pieni di maraviglia, ci rispose con parole piacevoli, dicendo che eglino erano nati in quegli diserti ne' quali non nasceva grano, perciò si nudrivano di quello che produceva il loro terreno, e che del grano si provedevano ciascun anno per onorare i forestieri che passavano di là; ma che bene era il vero che solevano mangiar del pane i giorni di certe feste solenni, sí come il dí della pasqua e i dí de' sacrifici. Ora egli ci tenne nei suoi alloggiamenti due dí sempre faccendoci carezze e onorandoci. Il terzo giorno diede licenza a tutti e volle in persona accompagnarci insino alla carovana. E vi dico con verità che le bestie che 'l signore fece occider per lo nostro mangiare valevano dieci tanti rispetto al valor delle gabelle che gli pagammo. E negli effetti e nel parlare si poteva conoscer che egli era nobile e cortese signore, quantunque né esso intendeva la nostra lingua né noi avevamo notizia della sua, e ciò che egli a noi diceva e che rispondevamo era per via d'interprete.
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