E io due fiate per gran miracolo sono scampato dal pericolo di questa morte nel tempo che io facevo questi cammini, delle quali non vi dispiacerà intender come una me ne avenisse.
Partiti insieme molti mercatanti da Fez, si trovammo con la carovana del sovradetto mese nell'Atlante. E cominciando cerca all'occaso del sole una fredda e folta neve, si ridussero insieme certi Arabi, i quali erano da dieci in dodici cavalli, e m'invitarono lasciando la carovana a girmene a buono albergo con esso loro. Io, non potendo ricusar lo invito e temendo di qualche inganno, feci pensiero di levarmi da dosso certa buona quantità di danari che mi trovava avere; e perché già questi tali incominciavano a cavalcare, affrettandomi essi, fingendo che 'l bisogno naturale m'astringesse n'andai in disparte sotto un albero, e quivi tra sassi e terreno come il meglio potei nascosi e riposi i danari, segnando con diligenza l'albero. Cavalcammo adunque taciti presso alla mezzanotte; allora un di costoro, parendo loro esser tempo di far quello che avevano in animo, cioè di tormi i danari e lasciarmi alla buona ventura, mi domandò se io alcun danaro aveva addosso. Io risposi che i miei danari aveva lasciato nella carovana a un mio caro e stretto parente. Non fui creduto, e per saperne essi il vero volsero che in quel gran freddo mi spogliassi per insino alla camicia, e nulla non vi trovando cominciarono meco a ridere, dicendo che ciò avevano fatto per ischerzo e per conoscer se io era uomo forte e s'io sapeva sopportare il freddo.
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