Giunti che fummo ne' confini di Fez in una villa, ci fu data certezza che la carovana era stata affogata dalla neve. Allora gli Arabi, perduta la speranza d'esser pagati delle loro fatiche, percioché avevano accompagnata la carovana e assecuratala, pigliarono un giudeo che era nella nostra compagnia, il quale aveva nella carovana cinquanta some di datteri, e il menarono prigione nei lor padiglioni con animo di tenervelo per insino a tanto che egli pagasse per tutti. A me levarono il cavallo e mi accomandarono a Dio. Io, preso a vettura un mulo fornito con certe bardelle che usano coloro tra quei monti, il terzo dí giunsi a Fez, dove trovai che già era stata recata la trista novella, e io similmente da' miei era stato riputato morto come gli altri. Ma ciò per sua bontà non era piaciuto a Dio.
Ora, lasciando di raccontar le mie sventure, ritornerò al lasciato ordine. Di là dal monte Atlante sono paesi secchi e caldi, dove si trovano pochi fiumi, i quali nascono pure in Atlante e corrono verso il diserto di Libia spargendosi nell'arena, e alcun di loro forma qualche lago. Nei detti paesi vi sono pochi terreni buoni alla semenza, ma infinite piante di datteri; si trova ancora qualche altro albero fruttifero, ma questi sono rari. E ne' luoghi di Numidia che confinano con Libia sono certi monti aspri, ma senza albero niuno, ne' piedi de' quali ci sono molti luochi di certi alberi tutti spinosi, i quali non fanno frutto. Né fonti vi sono né fiumi, se non alcuni pozzi quasi incogniti alle genti, tutti fra quei colli e monti diserti.
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