I loro ducati, perché non hanno moneta battuta, valutano sette e un terzo per una oncia d'oro. L'oncia è come la italiana, ma la libbra fa oncie diciotto; essi la chiamano rethel: cento rethel è un cantaro. Il prezzo consueto della vettura, quando è né caro né molto buon mercato, costa ducati tre la soma di camello, la qual pesa libbre settecento italiane; e ciò nel verno, perché nella state pagasi cinque o sei ducati la soma. Nella detta città si acconciano quei belli cordovani che nella Italia sono detti marrochini: vendonsi questi ivi sei ducati la dozzina, e in Fez otto.
Da una parte di verso Atlante sono molti casali e villaggi, ma verso mezzogiorno è terreno disabitato, percioché sono pianure e poderi dei lor vicini Arabi. Nel mezzo della detta città è un bello e gran tempio, il quale essi chiamano il tempio maggiore, per entro del quale fanno passar un ramo del fiume. Gli uomini di essa sono naturalmente terribili, e vivono sempre in guerra tra loro medesimi, di modo che rare volte aviene che si stiano in pace. Fa ciascuna delle tre parti un rettore, i quali insieme governano la città, e non durano nel magistrato piú che tre mesi solamente. La piú parte d'essi usa di vestire come fanno quegli di Hea, e tal v'è che va vestito di panno, di camicia e tulopante in capo di tela bianca. La canna del panno grosso, come è il fregetto, vale un ducato e mezzo; la pezza di tela portogallese o fiandrese non molto grossa quattro ducati, e ogni pezza è di ventiquattro braccia di Toscana.
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