Io nella tornata mia da Marocco fui in questa città e alloggiai in casa d'un Granatino molto ricco, ch'era stato quivi per balestrieri circa a diciotto anni, il quale a me e a' miei compagni, che eravamo nove senza i ragazzi, fece molto amorevolmente le spese per insino alla partita, che fu il terzo giorno; e come che il popolo volesse ch'io alloggiassi nel commune albergo de' forestieri, egli nondimeno, per essere della mia patria, non sostenne che si riparassimo in altro albergo che in casa sua. E in quei dí che vi dimorammo il commune ne facea presentar quando vitelli, quando agnelli e quando galline. E io, vedendo gran copia de capretti nella città, dimandai al mio paesano perché essi non mi appresentassero alcuni di questi capretti. Egli mi rispose che quello era tenuto il piú vile animale che fosse in quel paese, e che piú tosto si costumava d'appresentar qualche capra o becco. Le femine di questa città sono bellissime e bianche, e volentieri, quando le possono, usano segretamente con forestieri.
Alemdin, città nella medesima.
Alemdin è una città vicina alla sopradetta quattro miglia verso ponente, edificata fra una valle circuita da quattro alti monti, ed è paese molto freddo. È abitata da artigiani, mercatanti e gentiluomini; fa circa a mille fuochi. Stanno queste genti di continovo in guerra con la città dinanzi detta, e nel tempo mio il re di Fez acquistò le dette due città per mezzo d'un mercatante di Fez. Il che fu in questo modo.
V'era un mercatante (come s'è detto) di Fez, il quale essendo innamorato d'una bella giovanetta, quella gli fu promessa per moglie dal padre: ma venuto il dí delle nozze, la giovene gli venne levata di mano da uno che era capo della città. Il perché egli turbato, ma fingendo altro, tolse licenzia dal detto capo e, partito della città, tornò in Fez e presentò al re alcune rare e belle cose di quel paese; e gli domandò per grazia ch'ei gli concedesse cento balestrieri, trecento cavalli e quattrocento fanti, i quali tutti intendeva di tenere a sue spese, promettendo fra pochi dí di prender la detta città e, tenendola a nome suo, di dargli ogni anno settemila ducati delle rendite di detto paese.
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