Allora mettono la cipolla in una sporta e l'appiccano alla porta della stufa dicendo: «Questa sarà cagion dell'utile della stufa, percioché ella sarà frequentata da molti». Ma a me pare che ciò si debbia addimandar piú tosto sacrificio, nel modo che solevano usar gli Africani antichi allora ch'essi furono gentili, e rimase questa usanza insino al nostro tempo, sí come eziandio si truovano alcuni motti delle feste che i cristiani facevano, le quali quasi s'osservano oggidí: ma eglino perciò non sanno per qual cagione si faccia alcuna di quelle feste. E in ciascuna città usasi d'osservar certe feste e usanze, che lasciarono pure i cristiani quando essi l'Africa signoreggiarono. Di questi motti, s'ei avverrà che mi paia a proposito, ve ne sporrò alcuno.
Osterie.
Nella detta città sono circa a dugento osterie, benissimo veramente fabricate. E tali ve ne hanno che sono grandissime, sí come quelle che sono vicine al tempio maggiore, e fatte tutte in tre solai; ve n'è alcuna che ha centoventi camere, e tali piú, e in tutte sono e fontane e cessi, con lor canaletti che portano fuori le brutture. Io non ho veduto in Italia simili edificii, se non il collegio degli Spagnuoli ch'è in Bologna e il palazzo del cardinal di San Giorgio in Roma. E tutte le porte delle camere rispondono al corridore. Ma, come che queste osterie siano belle e grandi, v'è un pessimo alloggiare, percioché non c'è né letto né lettiera, ma l'osterie danno a quello che viene albergato una schiavina e una stuora per suo dormire, e se egli vuol mangiare convien che si comperi la robba e gliela dia a cuocere.
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