Sono eziandio appresso questi cinquanta altre botteghe di scopari, i quali fanno le scope di certe palme salvatiche, come sono quelle che vengono a Roma di Sicilia. Gli scopari portano queste loro scope per la città in certe grandi sporte, e le vendono per semola, per cenere e per qualche scarpe rotte. La semola si vende ai vaccari, e la cenere a quelli che biancheggiano il filato; i ciabattini sogliono comperare le scarpe rotte. Piú oltre sono quei fabbri che fanno solamente i chiovi. Doppo sono alcuni che fanno vasi di legno grandi come un barile, ma sono fatti a guisa di secchie; fanno ancora le misure del grano, e il consule le giusta pigliando un quattrino di ciascuna. Doppo sono i venditori di lana, e comperano le pelli dai beccai, tenendo garzoni che le lavano e, cavandone la lana, acconciano i cuoi, ma non d'altra sorte che di montoni. I cordovani e le pelli dei buoi s'acconciano piú oltre, percioché questa è un'arte separata. Doppo sono quelli che fanno le sporte, e certi legamenti con che si legano i cavalli ne' piedi, sí come s'usa nell'Africa; e questi confinano con i lavoratori dei rami. Appresso quelli che fanno le misure sono coloro che fanno pettini per lo lino e lana. Piú oltre c'è una lunga piazza di diversi mistieri, tra' quali vi sono alcuni che limano i lavori di ferro, come sono le staffe e gli sproni, percioché i fabbri non sogliono limare. Doppo sono i maestri di lavorar legni, ma certe cose grosse, come i timoni e gli aratri d'arar la terra, le ruote dei molini e gli altri necessarii strumenti.
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