Pigliano poscia solamente una lettera della cosa dimandata, e vanno moltiplicando con tutte le cose numerate, per insino che essi sanno qual numero porta il carattere. Dapoi la dividono in certo modo, dapoi la pongono in alcune parti secondo che 'l carattere è e in quale elemento si sta, in tanto che doppo la multiplicazione, divisione e dimensione, vedono che carattere conviene a quel numero ch'è avanzato. E fanno del trovato carattere come hanno fatto del primo, cosí di mano in mano, fin che fanno nascere ventiotto poste, cioè caratteri. Allora componeno di quella una dizione e dalla dizione componeno una orazione, cioè la risposta di quella dimanda, e vien la detta orazione sempre in un verso misurato in la prima spezie delli versi arabi, che si chiamano ethauil, che è otto stipiti e dodici corde secondo l'arte metrica araba: del che noi abbiamo trattato nell'ultima parte della nostra grammatica araba. Nel detto verso adunque, che nasce dai caratteri sopradetti, esce vera e indubitata risposta, e prima ne nasce la cosa dimandata, dapoi la sentenza di ciò che si dimanda. E questi tali mai non errano, e invero questa loro cabala è un'arte maravigliosa: né io per me viddi mai cosa tenuta naturale che paresse sopranaturale e divina come la detta.
Ho veduto far una figura in un luogo scoperto del collegio del re Abulunan, nella città di Fessa, qual scoperto era saleggiato di marmo fino liscio e bianco, e per ogni quadro era cinquanta braccia; e duoi terzi del detto discoperto furno occupati dalle cose che si dovevan notare della detta figura, e tre persone erano a farla, e cadaun di loro aveva il cargo d'una parte e pur durò a farla tutta una giornata intera.
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Abulunan Fessa
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