Ma il trattato fu scoperto, onde il re di Fez, che fu Saic primo re della casa di Quattas e padre del presente, si mosse col maggiore esercito che potesse fare per prender questa città. E come fu sotto il monte, si pose in ordine per dar la battaglia: ma i montanari, che erano seimila persone, astutamente si ritirarono adietro e lasciarono passare una buona parte dell'esercito del re, il che fu per certe intricate e strette vie, nelle quali il detto molta fatica durò a salirvi. Ma come esso fu arrivato dove questi volevano, subito i montanari, che erano freschi e gagliardi, assaltarono con grandissimo impeto gli stanchi e deboli. Il calle era angusto e scabroso, onde, non potendo quei del re sostener la furia dei nimici, furono costretti a dar luogo. Ma mentre uno l'altro impediva nel ritirarsi, traboccavano giú del monte, talmente che piú di mille uomini si fiaccarono il collo, e ve ne furono uccisi piú di tremila.
Non perciò il re volle lasciar l'impresa, ma, provedutosi di cinquecento balestrieri e di trecento archibusieri, deliberò in tutto di dare alla detta città general battaglia. Allora, conoscendo Maumet di non poter piú difendersi, fece pensiero di dar la propria persona in mano del re e, preso abito di messaggiero, s'appresentò al suo padiglione e dettegli una lettera scritta di sua mano per nome del signore di Dubdu, che era egli stesso. Il re, sí come colui che non lo conosceva, fece legger la lettera; dipoi dimandollo quello che gli paresse del suo signore. Rispose egli: «Invero a me pare ch'el mio signore sia pazzo; ma il diavolo ha poter d'ingannare cosí i grandi come i piccoli». «Per Dio - disse il re, - che se io lo avesse in mano, come io spero, gli farei, cosí vivo com'egli è, cavare a pezzo a pezzo le carni di dosso». «O, - soggiunse Mahumet, - se egli venisse umilmente a' piedi di vostra altezza, dimandando perdono del suo fallo e chiedendo mercé, come lo trattereste voi?
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