Similmente Plinio, parlando dell'Africa e del monte Atlante, segue in questo modo: «Il monte Atlante, posto nel mezzo dell'arene, s'inalza fino al cielo, ed è aspro e squalido da quella parte che guarda verso il mare, da lui cognominato Atlantico; ma verso l'Africa è tutto vestito di arbori, ombroso e lieto, e bagnato da molte belle e fresche fontane, nascendovi sempre ogni sorte di frutti senza fatica o coltura degli uomini, e in tanta abbondanza che da ogni tempo gli abitatori ponno saziare li loro delicati appetiti. Fra il giorno niuno degli abitatori si vede, e vi è tanto silenzio che per quella orrenda solitudine, nel cuore di quelli che vi approssimano, nasce un certo religioso timore, oltra che sono spaventati vedendo quello elevato sopra le nuvole e vicino al cielo della luna, e di notte lampeggiare di molte e varie fiamme, e per la lascivia e morbidezza de' satiri e degli egipani risuona di piffari, di fistole e organetti, con cembali e tamburi. Vengono affermate le sopradette cose da celebratissimi auttori, e oltra quello che si legge che Ercole e Perseo fecero sopra quel monte, dicono che a penetrarvi vi è uno spazio grandissimo e incerto. Si truovano ancora nelli memoriali di Annone, capitano de' Cartaginesi nel tempo che la sua republica fioriva, come dal senato suo li fu commesso che con l'armata andasse a scoprire e ben considerare tutta la costa di fuori dell'Africa. E molti greci e latini scrittori, seguendo lui, dissero molte cose fabulose e incredibili, affermando molte città esser state edificate per comandamento e industria del detto Annone, delle quali né memoria né pur alcun vestigio ne rimane».
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