Non parlo dello eccellentiss. S. suo fratello, che in studii greci e latini (giovene anche) fa di sé tal esperienzia, che oggidí è quasi un Demostene e Cicerone nominato. Onde, essendo in V. illustrissima S. derivata ogni virtú da cosí ampii e chiari fiumi, non può altro che dilettarsi delle opere grandi e maravigliose e averne gran sete. Quantunque, a quel che in essa si conosce, piú volentieri dove con l'ale della mente vola con li corporei piedi anderia, ricordandosi esser questa una delle laudi data al sapientissimo e facondo Ulisse, di aver veduti li costumi di molti uomini e di molti paesi. Ma perché V. illustriss. S. nelle cose del suo illustriss. Signor e consorte, è occupata, qual come nuova Artemisia ama e osserva, allevandogli due gentil piante che sono come un Apolline e Diana, e circa l'inclita famiglia, qual con mirabil regola addorna di costumi, dirò esser assai se l'animo suo si pascerà, tra altre opere ottime, di questa, benché inculta, ma forse fruttuosa lezione. Né farà come molte altre, che porgono l'orecchie a canzonette e vane parole, le ore sprezzando, contrarie all'angelica mente di V. illustrissima Signoria, che non lassa passare punto di tempo senza qualche buon frutto. La benignità della quale facilmente potrà supplire dove mancherà la inordinata continuazione di essa, pigliando solamente la verità delle cose. E se queste mie fatiche le saranno grate e le approbarà, assai gran laude e sodisfazione mi parrà aver ricevuta del mio lungo peregrinare, anzi piú presto paventoso esilio, dove infinite volte ho tolerata fame e sete, freddo e caldo, guerra, prigione e infiniti altri pericolosi incommodi, animandomi piú forte a questo altro viaggio, quale in breve spero di fare: che, avendo cercate parti delle terre e isole orientali, meridionali e occidentali, son disposto, piacendo al Signor Dio, cercar ancora le settentrionali.
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