Non crediate che 'l re di Pegu stia in tanta riputazione come sta il re di Calicut, anzi è tanto umano e domestico che un fanciullo li potria parlare. Porta piú pietre preziose e massimamente rubini adosso che non vale una città grandissima, conciosiacosaché ve ne siano in tutte le dita de' piedi, e nelle gambe porta alcuni manigli d'oro grossi, tutti pieni di bellissimi rubini e perle. Similmente le braccia e le dita delle mani tutte sono piene, le orecchie pendono mezzo palmo per il contrapeso di tanti gioie che vi sono attaccate, per modo che, vedendo la persona del re al lume di notte, luce che pare un sole.
Li detti cristiani parlorono con lui e li dissero della mercanzia nostra; il re li rispose che tornassimo a lui passato il dí seguente, perché avea da far sacrificio al diavolo per la vettoria conseguita. Passato il detto tempo, subito che ebbe mangiato, il re mandò per li detti cristiani e per il compagno mio, che li portasse la sua mercanzia. Questo re, veduta tanta bellezza di coralli, rimase stupefatto e fu molto contento, perché veramente, infra gli altri coralli, ve n'erano due branche che mai non andorono in India le simili. Dimandò il re che gente eravamo; risposero li cristiani: «Signore, questi sono Persiani». Disse il re al turcimanno: «Dimandagli se vogliono vendere questa roba». Il mio compagno rispose che la roba era al comando di sua signoria. Allora il re cominciò a dire che era stato duoi anni in guerra col re di Ava e che per questo rispetto non si trovava danari, ma che, se volevamo barattar in tanti rubini, che 'l ne contentaria molto bene.
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