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      L'aere quivi è assai temperato.
      Li cristiani ch'erano in nostra compagnia ci fecero intendere che qui non era troppo da stare, per esser cosí mala gente: per tanto pigliammo un giunco e andammo alla volta di Sumatra, ad una città chiamata Pedir, la qual è distante da terra ferma ottanta leghe in cerca.
     
     
      Di Sumatra isola, la qual anticamente si chiamava Taprobana, e di Pedir, porto e città in Sumatra.
     
      In questa terra dicono che v'è il miglior porto di tutta l'isola, qual già vi dissi che volge intorno 4 mila e cinquecento miglia. Al parer mio (come ancor molti dicono) credo che sia la isola Taprobana, nella quale sono tre re di corona, li quali sono gentili: e la fede loro, il viver, l'abito e i costumi sono propriamente come in Tarnassari, e cosí si bruciano le donne vive. Gli abitanti in questa isola sono di colore quasi bianchi, e hanno il viso largo, gli occhi tondi e verdi, i capelli lunghi, il naso largo ammaccato, e piccoli di statura. Qui si fa grandissima giustizia al modo di Calicut. Le sue monete sono oro, argento e stagno, tutte stampate: e la moneta d'oro ha da una faccia un diavolo e dall'altra v'è a modo d'un carro tirato da elefanti, e similmente le monete d'argento e di stagno. Di quelle d'argento ne vanno dieci al ducato e di quelle di stagno ne vanno venticinque. Qui nasce grandissima quantità di elefanti, li quali sono li maggiori che mai vedessi. Queste genti non sono bellicose, ma attendono alle sue mercanzie, e sono molto amici de' forestieri.
     
     
      D'un'altra sorte di pepe e di seta e di belzuí, li quali nascono nella detta città di Pedir.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Primo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1094

   





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