E questo faceva io per poter spesso parlar alli cristiani, perché essi sapevano ogni cosa di giorno in giorno della corte del re. Io cominciai ad usare la ipocrisia: finsi di esser Moro santo, né mai volsi mangiar carne, salvo che in casa di Giovanmaria, che ogni notte mangiavamo duoi para di galline, e mai piú non volsi praticare con mercatanti, e manco uomo alcuno mi vidde mai ridere. E tutto il giorno stavo nella moschea, salvo quando el mio compagno mandava per me ch'io andassi a mangiare, e gridavami perché io non voleva mangiar carne: io li rispondeva che 'l troppo mangiare conduce l'uomo a molti peccati. E a questo modo cominciai ad esser Moro santo, e beato era quello che mi poteva baciar la mano, e alcuno le ginocchia.
Come finse di esser medico e guaritte un Moro.
Accadendo che uno mercatante moro si ammalò di gravissima infirmità e, non potendo per alcun modo usar il beneficio del corpo, mandò dal mio compagno, il qual era molto suo amico, per intendere s'egli overo alcun altro di casa sua gli sapesse dar qualche rimedio, gli rispose che l'anderia a visitare e mi meneria seco. E cosí egli e io insieme andammo a casa dell'ammalato, e dimandandoli del suo male, disse: «Io mi sento molto male al stomaco e al corpo». Io gli dimandai se aveva avuto qualche freddo, per il qual fusse causato questo male; rispose che non poteva esser freddo, perché non seppe mai che cosa si fusse. Allora il mio compagno si voltò a me e dissemi: «O Lodovico, sapresti tu qualche rimedio per questo mio amico?
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Moro Giovanmaria Moro Moro Lodovico
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