Egli molto si maravigliava e dimandavami perché non volevo mangiare; io gli rispondeva ch'io mi sentiva molto male e che mi pareva aver la testa molto grossa e carica, e dicevali che mi pareva che procedesse da quell'aere, che non fusse buono per me. Costui, per l'amor singulare che mi portava, aria fatto ogni cosa per compiacermi, onde, intendendo che l'aere di Calicut mi facea male, dissemi: «Andatevene a stare in Canonor per fino a tanto che torniamo nella Persia, e io vi indrizzarò ad uno amico mio, il qual vi darà tutto quello che vi bisogna». Io li risposi che volentieri anderia in Canonor, ma che dubitavo di quelli cristiani. Disse lui: «Non dubitate né abbiate paura alcuna di loro, perché voi starete di continuo nella città». Alla fine, avendo io veduto tutta l'armata che si faceva in Calicut, e tutta l'artiglieria e l'esercito che si preparava contra cristiani, mi misi in viaggio per darli aviso e per salvarmi dalle man de' cani.
Con quanto pericolo l'auttor si partí di Calicut, e come giunse in Canonor.
Un giorno avanti ch'io mi partissi, ordinai tutto quello che avea da fare con li duoi Milanesi, e poi il mio compagno mi mise in compagnia di quelli duoi Persiani che portorono la nuova di Portoghesi, e pigliammo una barchetta piccola. Ora intenderete in quanto pericolo mi posi, perché qui stavano ventiquattro mercatanti persiani, soriani e turchi, li quali tutti mi conoscevano e mi portavano grandissimo amore, e sapevano che cosa era lo ingegno del cristiano. Dubitavomi, se li domandava licenzia, che loro pensariano che io volessi fuggire alli Portoghesi, e se mi partivo senza parlarli, e per avventura io fussi scoperto, che loro mi ariano detto: «Perché non parlavi a noi?
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