Si danno a far diversi esercizii per vicenda: alcuni servono l'un l'altro, alcuni pescano, alcuni esercitano l'arti e altri sono occupati intorno ad altre cose per commodità della vita; alcuni altri (eccetto i vecchi), compartendo le fatiche fra loro secondo che tocca la lor volta, attendono a servire. Nei sacri giorni della festa cantano inni in laude degli dei, massimamente del sole, a cui hanno se stessi e le isole dedicati. Sepeliscono i morti nel lito, faccendo la fossa nell'arena dove è calato il mare, acciò nel crescer il luogo sia ricoperto. Dicono che le canne, delle quali colgono il frutto sopra detto, crescono e diminuiscono secondo la luna. L'acqua dei fonti è dolce e sana, e mantiene la sua calidità se non vi è mescolata o acqua fredda o vino.
Iambolo e il suo compagno, essendo già sette anni stati nell'isola, finalmente dicono che furono cacciati via per forza, come uomini malvagi e di cattivi costumi. Apparecchiata adunque una barchetta e messovi dentro delle vettovaglie, furono costretti a partirsi, e in quattro mesi arrivorono in India, a certi luoghi arenosi e paludosi. Il compagno di Iambolo, in una fortuna che ebbero, si morí ed egli, capitato a una certa villa, fu dagli abitatori condotto al re nella città di Palimbrotta, lontana dal mare il cammino di molte giornate. Il qual re, portando grande affezione a' Greci e faccendo molta stima della lor dottrina, diede assai doni a Iambolo, e poi sicuramente il fece prima accompagnare in Persia, poscia a salvamento mandarlo in Grecia.
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