Il capitano maggiore, ricevutti gli ambasciadori onoratamente, disse che gli doleva molto non aver trovato tal armata al mare, e non già tirata in terra; tuttavolta che sua volontà era di passar al Zidem, e che non avea necessità d'altro che d'un pilotto che al detto porto lo conducesse, e che dicessino al governatore, poi ch'il re stava assente, che gli mandasse alcuno esperto di tal navigazione; e in quanto alla pace, che il re di Portogallo non faceva guerra se non a chi la voleva, né negava pace a chi la domandasse, e che sopra essa alla sua tornata darebbe ispedizione. Tornarono gli ambasciadori a terra, e dipoi menarono quattro pilotti e molto rinfrescamento di carne, pane e altre frutte: e cosí partimmo del porto d'Adem dopo i due giorni di nostra venuta, e fummo alla bocca dello stretto del mar Rosso in un dí e mezzo, che furono XXX leghe di cammino, la quale è posta in XIII gradi. E nell'entrata di essa nel mezzo del mare è una isola detta Bebel, che non è bassa, ma sterile e senza verdura nessuna, come tutte queste coste d'Arabia. L'isola è di circuito di due leghe, distante dalla terra di Arabia una lega, e altrotanto dalla Etiopia. In essa dicono anticamente che stavano due catene di ferro, che traversavano d'ogni banda della terra e difendevano l'entrata e salita del mar Rosso.
Come l'armata di Portoghesi fu costretta dal vento a levarsi dall'assedio di Sacacia e andare scorrendo per il mar della isola Suachem.
Alli XVII di marzo entrammo dentro con grandissimo vento, e nell'entrata pigliammo una nave di Cambaia, che veniva di Zeila con certi Turchi e Mammalucchi, carica di mercanzie e vettovaglie: e la medesima notte con grandissima tempesta la perdemmo, con altre navi indiane, che venivano in nostra conserva, de cristiani de Malabari, e una fusta nella qual erano LX uomini portoghesi, della qual dipoi mai non avemmo notizia.
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