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      Fu a terra, e là si convenne di dare l'ambasciadore e le caravelle a man salva al re di Dalaccia; e tornato, diede a intender ch'avea tutto composto col detto re e che potevano andar e venir sicuramente, e che lui mandava a pregare i capitani che fussino a terra coll'ambasciadore, per poter fermar la pace ch'adomandavano. Li capitani parlorno con l'ambasciadore per menarlo in loro compagnia, a' quali rispose non esser venuto per andar a Dalaccia a mano di Mori, né per confidarsi del detto Granatino, che li conosceva meglio di loro, e che lui non partirebbe delle caravelle. Con tutto questo i capitani, che levavano mal cammino e credevano a quanto il Moro avea detto, si messero in ordine per andare. In questo l'ambasciadore fece lor richiesta che non andassero a terra e che non confidassero de' detti Mori, e se pur andassero, fussero con gran riguardo e ben armati: e tutto fece scriver in publico allo scrivano della caravella.
      Essi furno a terra senz'arme d'alcuna sorte, e aspettavano il re che venisse di basso di certe grotte che sono alla riviera dell'isola, consumate dal mare, dove mancando l'acqua, che di sei ore in sei ore cresce e scema, restò il battello in secco. In questo vennero i Mori, e inteso non esservi l'ambasciadore, cominciorono con certi dardi a ferire la maggior parte de' nostri che stavano nel battello, il quale dipoi presero, tirando fuori un de' capitani, e tagliaronlo a pezzi con due altri. In questo tre uomini, che non volsero lasciar le sue spade nella caravella, si cominciarono a difender e dar cuore agli altri, tanto che trasseno il battello al mare e raccolsono molti che s'erano gittati in mare, per tornare alle caravelle.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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