Di qui non partimmo fin tanto che i camelli non riposarono alquanto. Dopo per ispazio di mezzo miglio arrivammo a pič d'una montagna molto aspra e difficile, ove i camelli non potevano ascendere e malamente le mule vote, e quivi ci posammo a pič d'un arbore con tutte le nostre robbe, e Matteo con le sue, e Framasqual con noi, e i frati, e principalmente quelli piú vecchi: e quello piú onorato di tutti ne mandň a donare un bue, del quale cenammo, e fummo poi in gran dispute onde potessimo uscire, o veramente che cammino dovessimo tenere, perché non vedevamo rimedio alla nostra uscita. Dormimmo tutti insieme, cioč l'ambasciadore, i frati e Framasqual.
Come dissero messa, e come si partí Framasqual da loro,
e noi andammo a un monasterio, dove la nostra gente si ammalň.
Cap. IX.
Nel seguente giorno (che fu Santa Croce di maggio) dicemmo messa a pič d'un arbore, in onore della vera Croce, la quale pregavamo che ne dovesse insegnar la strada; e li nostri Portoghesi dimandavano con divozione grazia al nostro Signor Dio che, sí come a santa Elena fu aperta la via di trovare la vera Croce, cosí a noi si aprisse la strada, che ne era tanto serrata, della nostra salute. Dopo disinare, l'ambasciador Matteo ordinň che si caricassero le sue robbe sopra le spalle de' negri, per portarle ad un monasterio piccolo, distante da noi mezza lega, detto San Michel de Iseo: con le qual robbe andammo Giovanni Scolaro scrivano e io, a piedi, per non esser terra né cammino per mule, per vedere se dovevamo andar tutti al detto monasterio o vero tornar indrieto.
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