In questo monasterio è una gran cucina con tutte le masserizie necessarie, e un gran luogo per refettorio, dove mangiano tutti insieme: e mangiano a tre a tre in una conca di legno, non molto profonda, ma piana come una piattella di legno. Il mangiar loro è molto tristo: il pane è fatto di miglio zaburro e d'orzo, e di un'altra semenza che chiamano tafo, la quale è picciola e negra. Fanno questo pane rotondo, della grandezza come è un pomo d'Adamo, e ne danno tre di questi a ciascuno, e a' novizzi ne danno tre fra due persone, che mi spaventò a pensare come si possono con sí poco mantenere; similmente lor danno alquanto di verze, senza olio o sale. Di questo medesimo mangiare mandano a molti frati vecchi onorati, alli quali portano gran riverenzia: e questi non vengono al refettorio. E se alcuno mi dimandasse come io sappia questo, rispondo che, oltra il vedere ch'io feci quando sepellimmo Matteo, il piú del tempo delli sei anni che stemmo nell'Etiopia fu la nostra stanza non molto lontana da detto monasterio, di sorte che mi partiva spesso la mattina da casa sopra la mia mula e arrivava a ora di vespero al monasterio, e il piú delle volte andava a passar tempo con li frati, e principalmente nelle lor feste: e intesi molte cose da loro, delle lor faccende, entrate, usanze e costumi. Stanno ordinariamente in questo monasterio cento frati, e la piú parte son vecchi di grand'età e secchi come legni, pochi giovani e molti fanciulli, che allevano di età di otto anni in suso, e molti di loro storpiati e ciechi.
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Adamo Matteo Etiopia
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