Gli uomini, le donne e i putti che erano restati nel luogo, erano montati sopra i terrazzi delle case, ringraziando Dio che le cavallette se ne andavano avanti fuggendo, e parte ci seguitavano. In questo mezzo si apparecchiò un gran nembo con tuoni verso il mare, che veniva loro in faccia, e durò per tre ore, con grandissima pioggia e tempesta, la quale riempié tutti i fiumi: e quando cessò l'acqua, era cosa spaventevole a vedere le cavallette morte, che si misuravano due braccia e piú d'altezza sopra le ripe dei fiumi, e in alcuni fiumi vi erano i monti grandissimi, in modo che la mattina seguente non se ne trovò una viva sopra la terra. Intendendo questo gli altri luoghi convicini, vennero assai uomini a dimandare in che modo era seguito questo caso. Molti della terra dicevano: «Questi Portoghesi son uomini santi, e per virtú d'Iddio hanno cacciato via e fatto morire le cavallette». Altri dicevano, massime preti e frati dei luoghi circonvicini, che noi eravamo strigoni, e che per virtú di strigarie avevamo cacciati detti animali, e che per questo non avevamo paura di lioni né di altra fiera.
Tre giorni dopo questo fatto venne a noi un xuum, cioè capitano, d'un luogo chiamato Coiberia, con uomini, preti e frati, a pregarci che per amor di Dio gli dovessimo soccorrere, dicendo che erano rovinati per le cavallette: e quel luogo era lontano una giornata verso il mare. Arrivorno da noi a ora di vespero, e in quella medesima partimmo io e quattro Portoghesi, e tutta la notte camminammo e arrivammo quivi a un'ora di giorno, dove trovammo che tutti quelli della terra erano congregati con assai delli luoghi convicini, che ancora essi erano dalle cavallette tribolati; e subito che arrivammo, facemmo la nostra processione intorno alla terra, la quale è posta in una alta collina, dalla quale si vedevano molte terre e luoghi, tutti gialli per la moltitudine delle cavallette.
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