Cap. XLII.
Partimmo dalla chiesa di San Michele con la gente del paese che ci portava la nostra robba, e andammo a dormire ad un luogo che si chiama Angeba, in un betenegus, che è casa del re, nelle quali già in altri luoghi piú volte siamo alloggiati, e non se ne servono altre persone che quelli signori che fanno la residenzia in cambio del re: e riveriscono tanto queste stanzie, che le porte di quelle stanno sempre aperte, e niuno averia ardire d'entrarvi o vero toccarle, se non quando vi è dentro il signore; e dopo che esso si parte lasciano le porte aperte, li letti da dormire, e suoi ordini da far fuoco, e la cocina. Partiti poi da questo luogo, camminammo da 15 miglia e alloggiammo sopra un alto monte, il quale è sopra un gran fiume, che si dimanda Bacinete; e cosí si chiama la terra e signoria, della quale n'era patrone in quel tempo l'avola del Prete Ianni, e nel tempo che noi eravamo ivi le fu tolta, perché faceva far mala compagnia agli abitanti: e il Prete Ianni tien tanto amor e rispetto a' suoi parenti come agli altri. E questa terra è sottoposta al reame del Tigremahon, ed è molto popolata e coltivata per tutte le bande, ma sopra tutto è piena di montagne fruttifere e di fiumi che di continuo corrono verso il Nilo. E tutte le loro abitazioni sono poste ed edificate sopra luoghi alti e fuori delle strade, e questo lo fanno per causa de' viandanti, che gli tolgono ciò che hanno per forza. Quelli che ci portavano la robba, per paura delle fiere, fecero uno steccato di fascine di spini molto forte, e si messero dentro loro e noi con le mule; per quella notte non sentimmo altro.
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