Come partimmo con le robbe nostre avanti, e come il capitano di Tigremahon che ci conduceva fu bastonato per un frate che veniva a trovarne.
Cap. XLVI.
Partiti di questo betenegus, andammo ad alloggiare a certi villaggi assai poveri e male in ordine, a una terra chiamata Bunace. E il giorno seguente partimmo di quivi, seguitando la robba nostra che già avanti di noi era stata portata, la quale trovammo che l'avevano scaricata in mezzo di un prato pieno di acqua: e vedendola cosí mal condotta ci maravigliammo assai. E stando cosí, giunsero cinque o sei sopra le mule, e con X o XII pedoni con loro, fra' quali vi era un frate, il quale arrivato pigliò per il cavezzo subito il capitano di Tigremahon che conduceva la robba, e gli diede delle bastonate, per la qual cosa tutti vi corremmo, per intendere per che conto gli dava. E vedendo l'ambasciadore il capitano cosí ferito e malconcio, entrato in colera con il frate lo prese per il petto per dargli, ma non so se gli diede, e similmente tutti noi gli andammo adosso: e gli valse al povero frate saper alquanto parlar italiano, che fu inteso da un de' nostri, che fu Georgio di Breu, che se ciò non era, la cosa non passava ben per lui. Pacificato ognuno, il frate disse che era venuto quivi per commissione del Prete Ianni, per far portare la nostra robba, e che, se esso l'aveva bastonato, lo aveva fatto per il mal ordine che aveva usato in farla portare. Rispose l'ambasciadore che non era tempo di far tumulto, e massime alla sua presenza, perché gli pareva ch'egli avesse dato alla sua persona propria.
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