Molte altre dimande mi fecero, stando io sempre vestito da messa. In ultimo fui dimandato se noi avevamo il cantar degli angeli quando Cristo nacque, e se 'l dicevamo nella messa; e dicendo io di sí, volsero che io il cantasse, e cosí feci; similmente mi fecero cantar alcuni versi del Credo. Stava di continuo a questa pratica un interprete, e appresso di lui il frate che ne aveva condotto per cammino: costui era stato altre volte in Italia, e sapeva qualche poco di latino. Gli fece dimandar il Prete Ianni se egli intendeva ciò che io diceva; gli rispose di sí, e che io aveva detto la Gloria e il Credo come lo dicono essi. E mi disse il detto frate che, a ciascuna risposta che si faceva, il Prete mostrava di averne grandissimo piacere, e diceva che eravamo veri cristiani e che sapevamo tutte le cose della passione. Dipoi mi fece dimandare perché non dicevo messa secondo il nostro uso; gli risposi perché non avevo tenda per dirvi messa. Disse che egli ordinaria che ne fusse apparecchiata una buona, e che dovessimo dire ogni dí la nostra messa. Dopo di questo ne espedí, e che fossimo alla buon'ora: e cosí ci partimmo, ed era già passata la mezzanotte, e tutto questo tempo fu speso in queste dimande senza perder punto d'intervallo.
Del robbare che fu fatto all'ambasciadore e della querela fatta al Prete, sopra la qual non si fece cosa alcuna; e come ne fece alzar una tenda per dir messa.
Cap. LXXVIII.
La notte che io stetti cosí lungamente col Prete, avanti giorno fu robbato l'ambasciadore nella tenda ove dormivamo, e gli portaron via due cappe di panno, due berrette ricche, sette camicie sottili e alcuni fazzuoli sottili: e cavaron tutte queste robbe di una valigia di cuoio, che era grande come una cassa.
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