Cap. CXVII.
Poteva essere da VIII a IX mesi che era morta la reina Elena, la qual signoreggiava la maggior parte del regno di Goyame, e ancora quanti di nuovo venivano alla corte l'andavano a piangere alla sua tenda, la qual ancora era ritta nel suo luogo: e cosí ancor noi facemmo, quando di nuovo dopo la sua morte venimmo alla corte. E avendo mandato il Prete al detto regno il gran betudete a ricuperare il gibre, che è quello che si paga di diritto ogn'anno al re, in questi giorni arrivò il detto betudete col gibre, il qual era 3500 mule, 300 cavalli e 3000 bassuti, che sono una sorte di panni che gli uomini grandi tengono sopra le lettiere, e sono di bambagio, pelosi da una banda come tappeti, ma non cosí grossi: e li gran signori li tengono sopra il letto, e sono di prezio, che al manco vagliono un'oncia d'oro l'uno, e anche da tre in quattro e cinque oncie; e piú di 300 panni di bambagio di poca valuta, che vagliono due per una dramma d'oro e anche manco, e com'è stato detto un'oncia val un pardao, che son tre quarti di ducato d'oro di Portogallo, e mi fu detto che portò trentamila dramme di oro. Al presentar di questo gibre io mi vi trovai presente e viddi il tutto, e fu in questo modo: il betudete veniva a piedi, spogliato dalla cintura in suso, con una corda legata a torno della testa, come saria a dir un fazzuolo da mulattiere castigliano, e dove poteva essere udito dalla tenda del Prete, disse tre volte, con picciolo intervallo una dall'altra, questa parola: «Abetu», che vol dir «Signore»; e non gli fu risposto se non due volte, nella sua lingua: «Chi sei tu?
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