Menavasi dietro questo nostro galeone di San Lione un battello per poppe legato con tre capi, e dove era un grumete di nazion francese che lo governava; e la notte di questo verno il mare venne cosí bravo e alto che tutti tenevamo per certo di perderci, e a mezanotte si ruppero tutti tre i capi del battello, e il galeone fece cosí gran balanci che noi pensavamo di essere tutti nel fondo del mare. Il padron del galione sonò segno a tutti, e fece dire un paternostro per l'anima del grumete che era nel battello, e nel giorno seguente fece l'incanto delle sue robe e d'uno schiavo, e ne fu trovato cento e venti ducati.
Camminammo con questa fortuna in fino allo stretto di Ormuz, e alli XXVIII di maggio arrivammo al porto di Mazcare, che è del regno d'Ormuz e paga tributo al re di Portogallo nostro signore, dove trovammo una delle caravelle conserve, e di lí a tre giorni arrivò l'altra, e similmente un galeone de' nostri, e ciascuno raccontava le sue fortune. Dopo dieci giorni del nostro arrivare in questo porto, vedemmo andare in volta il galeone San Dionisio, che era capitano della nostra armata, e non poteva pigliare il porto. Lo furno a soccorrere due caravelle portoghese che guardano lo stretto, e arrivate a quello, con gran fretta ritornarono adietro a pigliar vettovaglie e acqua, perché erano morti di fame e di sete, ma piú di sete. Giunti con detto galeone nel porto, contarono la gran fortuna che avevano avuta, e pericolo di morir di sete.
Partiti da questo porto, noi ce n'andammo alla città d'Ormuz, dove è la fortezza del re nostro signore.
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