Non passarono molti giorni che ritornò don Ettore di Silviera, e menò seco tre navi prese della Mecca, con gran ricchezze d'oro, perché ancora non avevano comprate mercanzie, venendole a pigliare nella India: e tutti li Mori ch'erano giovani e valenti, che furno presi, gli misero nelle galee del re nostro signor per prezzo di X ducati l'uno, che è il prezzo suo ordinario che gli è dato; gli altri ch'erano vecchi e inabili, furno venduti per X ducati similmente.
Di quivi partendo, arrivammo alla città di Goa alli XXV di novembre, al vespro di santa Catarina, il qual giorno essendo stata presa questa città di Mori e gentili, però fecero una solenne processione, con tutti i modi che si suol fare in Portogallo il giorno del Corpo di Cristo. Quivi l'ambasciadore del Prete Ianni e certi frati abissini che con lui venivano, ne dissero che ora erano chiari e conoscevano che eravamo cristiani, avendo veduta fare da noi una cosí solenne processione. Non stemmo in questa città piú di tre giorni, nella quale lasciò l'ambasciadore del Prete Ianni quattro schiavi, cioè dua che imparassero a dipingere e dua a sonar di trombetta: e il capitan maggiore ordinò che gli fusse dato da vivere e fatto insegnare.
Partiti di quivi ce n'andammo a Cananor, dove stemmo sei giorni; dipoi ce n'andammo a Cochin, dove trovammo Antonio Galvan, figliuolo di Odoardo Galvan ambasciadore, le ossa del quale portavo meco, tolte di Cameran: al qual dissi il tutto, che ne ebbe grandissimo piacere, e volse venire a levarle alla nave con tutti preti e frati della città e con infinite cere, e fu portato al monastero di Santo Antonio.
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