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      E volendo andar a far acqua sopra la detta isola, la notte si levò un temporale di terra che ci fece trascorrere avanti, e avevamo grandissima necessità di acqua, né potevamo cuocere cosa alcuna: ma il Signor Iddio ci soccorse, che fece piovere tre giorni e tre notti con gran tuoni, ed empiemmo da XXX botti di acqua, e per la mia parte ne ebbi tre, e ce ne venimmo al nostro cammino.
      Ed essendo appresso all'isola Terziera degli Azorri, vedemmo una nave e avemmo gran paura, credendo che ella fusse francese, la quale pendeva molto dall'isola verso il mare: e noi ci ritiravamo quanto piú potevamo verso terra. E avendo veduta dalla nostra gabbia una barca detta almadia, nella quale ne pareva che gli uomini fussero come perduti, noi subito cavammo fuori della nostra nave la barca, e mandammo a vedere ciò che fusse nella detta almadia: nella quale trovorno nove persone, cioè cinque bianchi e quattro schiavi, i quali erano come morti, che non si potevano né movere né parlare. Condotti alla nave, gli facemmo spogliare e mettere in letto e far lor fuoco e asciugarli: alcuni parlarono di lí a tre ore, altri il giorno seguente. Costoro, ritornati in sé, dissero che erano delle navi della nostra conserva, che venivano d'India, e che erano stati mandati con quella almadia a comprar galline ad un'isola, e che avevano perse le navi, e che erano andati vagando per lo mare molti giorni, morti di fame e di sete, e che, se al presente non fussero stati trovati, erano del tutto morti. Arrivati che fummo all'isola Terziera, giunsero le altre due navi, e tutti insieme facemmo grand'allegrezza, dove stemmo XVIII giorni.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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