Di quivi mandammo nuova della nostra venuta al re nostro signore, e partiti per Portogallo, volse il nostro Signor messer Giesú Cristo darne cosí buon vento che alli XXV di luglio, che fu il giorno di san Iacomo, entrammo nella sbarra di Lisbona, dove ne venne incontro una caravella del re, a farne intendere che noi non dovessimo dismontare in Lisbona, per essere impedita da peste: e un commesso del re ci menò a Santo Arem.
Del cammino che facemmo da Lisbona verso Coimbra, e come stemmo in Zarnache.
Cap. CXLV.
Essendo sorti nel fiume di Lisbona, per mezzo i palazzi del re nostro signore, subito ne vennero barche alla banda a pigliare le nostre robe, e le portarono in Santo Arem, dove ci riposammo da sei giorni, comprando mule e vestimenti al modo di Portogallo. Ci partimmo poi un giorno da questo luogo col maggior caldo che mai abbia sentito nel paese del Prete Ianni, né anche nelle Indie, e perché eravamo alloggiati in diverse parti, camminavamo divisi l'uno dall'altro, cioè il commesso del re e io andavamo insieme da una banda, l'ambasciadore del Prete Ianni e lo scrivano e i suoi servitori e li frati da un'altra, e don Rodrigo di Lima da per sé con li suoi servitori e schiavi, e con tre peotti delle navi che prese Ettor di Silviera, mandati da lui a donare al re nostro signore: e gli aveva fatti vestire tutti dal capo alli piedi. L'ambasciador del Prete Ianni si ridusse nella villa di Azinaga, mezzo morto di caldo, con tutta la compagnia. Il comesso del re mi condusse al ponte d'Amonda, dove io pensai certo che fusse il mio fine per l'estremo caldo, e se io non fussi stato soccorso con acqua fredda, immediate era spacciato.
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