O signor re fratello mio, attendi, ti prego, all'amicizia nostra, la qual tuo padre fra noi ha cominciata, e spesso mandaci i tuoi messi, le tue lettere, perché io le veggo tanto volentieri come s'elle mi fussero mandate da un mio fratello, e cosa giusta mi pare, essendo noi ambidue cristiani. I Mori, che pessimi sono, sempre stanno nella sua setta concordi, e io ti prometto di non accettare per l'avenire piú messi del re di Egitto né d'altri re, che con lor ambasciarie spesso mi visitavano, ma solo di tua maiestà, i quali desidero ardentemente che venghino. Li re de' Mori non mi hanno per amico per la diversità della religione, ma fingono di essermi amici per poter piú sicuramente esercitare ne' miei regni la mercanzia, d'onde cavano commodità, perché gran somma d'oro, del quale sono avidissimi, ogn'anno ne portano fuori di quelli, essendomi però poco amici: e i commodi che da loro mi possano venire niuno piacere mi danno, ma questo mi convien tollerare, perciò che fu sempre de' nostri re antichi vecchia usanza, e ancora la mantegno, cioè di non far lor guerra né di danneggiarli in modo alcuno, accioché essi sdegnati non guastino e rovinino il santo tempio in Gierusalemme, dove è il sepolcro di messer Giesú Cristo, il quale Iddio ha lasciato in poter degli abominevoli Mori, e che similmente non gettino a terra tutti gli altri tempii che son nell'Egitto e Soria. E questa è la causa che non gli vo ad assaltare, e molto in vero mi rincresce che io abbia ad aver loro questo rispetto, e quello che maggiormente mi persuade che egli lo debbia avere, è che non mi truovo alcun re o principe cristiano che mi sia vicino, il qual mi possa aiutare e rallegrare il cuor mio.
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