Alla fine volse entrar per forza nel porto d'Ormuz, dove gli venne all'incontro una grande armata di Mori, di grosse e gran navi piene di artegliaria e di buona gente e bene armata, la qual ruppe: e nel conflitto ammazzò gran quantità di detti Mori, affondò navi assai, abbruciandone molte altre che stavano surte nel porto con il cavo in terra, propinque al muro della città. Quando il re con li governatori viddono cosí gran destruzione di lor gente e navi, e non potersi piú aiutare, offersero pace al detto capitano, il quale l'accettò, con condizion però che gli lasciassino fare una fortezza da un capo della città: del che si contentarono, ma dapoi che fu cominciata a fabricare si pentirono, e non volsero che piú si seguitasse. Di nuovo li Portoghesi tornorno a muovergli guerra, faccendo tanti danni che furon sforzati a farsi tributari del re di Portogallo di quindicimila sarafini d'oro l'anno. E passati non molti anni dapoi il detto re e suoi governatori mandarono uno ambasciadore al re di Portogallo con lettere d'ubbidienza, alla tornata del quale il detto capitano venne con l'armata in Ormuz, dove fu ricevuto pacificamente e datogli licenza di compir la fortezza già principiata, la qual fu fatta molto bella e grande.
Stando le cose in questi termini, il re, che era giovane di poca età, e in potere di detti governatori tanto stretto che non ardiva fare da sé cosa alcuna, fece secretamente intendere al capitano la sua poca libertà, e che era tenuto come prigione, e che si avevano usurpato tirannicamente quel governo che s'apparteneva ad altri governatori stati per avanti, e che gli pareva avessino intelligenza col siech Ismael per dargli il regno.
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