Costui, inteso la buona e santa intenzione di costoro, dette lor un vescovo con i suoi preti, i quali, andati in India, gli ammaestrorno nella fede e insegnorno lor il modo del battesimo e delli divini offizii, e stativi cinque o sei anni si dipartivano: e cosí di tempo in tempo hanno continuato di fare, e insino al giorno presente questi tali preti, stativi un tempo, se ne ritornano a casa in Armenia, e portano seco di gran ricchezza, perché vogliono da ciascuno che battezzano danari, che è cosa molto mal fatta, perché alcuni, per non ne avere, non si possono far battezzare. Questi Armeni sono uomini bianchi e parlano arabico, e hanno la Scrittura sacra in lingua caldea, e dicono l'uffizio al modo nostro. Portano la chierica sopra la testa al contrario delli nostri, cioè dove quelle de' nostri sono rase portano essi capelli; vanno vestiti con camicie bianche e fazzuoli atorno il capo, discalzi, con la barba lunga. Sono molto devoti: dicono la messa all'altare come li nostri, con una croce dinanzi, e sono tre, cioè uno in mezzo e un per banda. Communicansi con pane salato in luogo d'ostia, il qual consacrano per tutti quelli che stanno nella chiesa, e ciascuno ne va a pigliare uno pezzetto a piè dell'altare. Del sacramento del vino, perché in India non se ne trova, pigliano dell'uve secche che vengono dalla Mecca e da Ormuz, e postele a molle nell'acqua una notte, nel dí seguente che hanno a dire la messa le spriemono, e di quel succo si servono in vece di vino. E di questi tali se ne trovano molti che officiano in queste chiese d'India.
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