Ma perché nelli popoli gentili regna troppo la inconstanzia, cominciò il capitan della nave a mutar parere e non voler venir al Giapan, fermandosi senza bisogno nell'isole che occorevano. E quello che piú grave sentivamo erano due cose: la prima che non ci aiutavamo della commodità che Iddio nostro Signor ci dava del tempo buono per navigare al Giapan, la qual presto era per finirsi, e sariamo stati sforzati di temporeggiar l'invernata nella China aspettando il vento; l'altra era le continove e molte idolatrie e sacrificii che facevano ad un idolo che portavano seco nella nave, senza poterli impedire. Gettavano le sorte spesse volte, faccendo interrogazioni se potriano andar al Giapan o no, e se durariano over mancariano i venti necessarii per la nostra navigazione, e alle volte uscivano le sorti buone e alle volte male, come credevano e dicevano. Pigliammo terra a cento leghe da Malaccha in un'isola, provedendoci di legname e cose necessarie contra le grandi tempeste del mar della China, e uscendo la sorte ch'averiamo buon tempo, senza piú aspettare levorno le ancore e facemmo vela tutti con grande allegrezza, li gentili confidandosi nell'idolo che portavano nella poppa con grande venerazione, con molte candele accese, profumandolo con odori del legno di aguila, e noi confidandoci in Dio creatore del cielo e della terra e in Giesú Cristo suo figliuolo, per cui amore e servizio, desiderando l'aumento di sua santissima fede, venivamo in queste bande. Seguitando pur il nostro viaggio, tornorono di novo a gettar le sorti e dimandar all'idolo se la nave era per tornare dal Giapan a Malaccha; uscí la sorte che arrivariamo al Giapan, ma non tornariamo a Malaccha, e qui cominciò a intrar negli animi loro grande diffidenza, e non volevano andare piú al Giapan, ma passare l'invernata nella China e aspettar un altro anno.
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