Messer Nicolò, Maffio e Marco essendo stati molti anni in questa corte, trovandosi molto ricchi di gioie di gran valuta e d'oro, un estremo desiderio di rivedere la sua patria di continuo era lor fisso nell'animo, e ancor che fossero onorati e accarezzati, nondimeno non pensavan mai ad altro che a questo. E vedendo il gran Can esser molto vecchio, dubitavan che se 'l morisse avanti il loro partire, che per la lunghezza del cammino e infiniti pericoli che li soprastavano mai piú potessino tornare a casa, il che, vivendo lui, speravan di poter fare. E per tanto messer Nicolò un giorno, tolta occasione vedendo il gran Can esser molto allegro, inginocchiatosi, per nome di tutti tre gli dimandò licenza di partirsi: alla qual parola si turbò tutto, e gli disse che causa gli moveva a voler mettersi a cosí lungo e pericoloso cammino, nel qual facilmente potriano morire; e s'era per causa di robba o d'altro, gli voleva dare il doppio di quello che aveano a casa, e accrescerli in quanti onori che loro volessero, e per l'amor grande che li portava li denegò in tutto il partirsi.
In questo tempo accadette che morse una gran regina detta Bolgana, moglie del re Argon, nelle Indie orientali, la quale nel punto della sua morte dimandò di grazia al re, e cosí fece scriver nel suo testamento, che alcuna donna non sentasse nella sua sedia né fosse moglie di quello se non era della stirpe sua, la qual si trovava al Cataio, dove regnava il gran Can. Per la qual cosa il re Argon elesse tre savii suoi baroni, un de' quali si domandava Ulatay, l'altro Apusca, il terzo Goza, e li mandò con gran compagnia per ambasciatori al gran Can, dimandandoli una donzella della progenie della regina Bolgana.
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