E dovete sapere che tutti i Cataini odiavano il dominio del gran Can, perché metteva sopra di loro rettori tartari e per lo piú saraceni, e loro non li potevano patire, parendoli d'essere come servi. E poi il gran Can non avea giuridicamente il dominio della provincia del Cataio, anzi l'avea acquistato per forza, e non confidandosi di loro dava a regger le terre a Tartari, saraceni e cristiani ch'erano della sua famiglia, a lui fideli, e non erano della provincia del Cataio.
Or li sopradetti Vanchu e Cenchu, stabilito il termine, entrarono nel palagio di notte, e Vanchu sentò sopra una sedia e fece accendere molte luminarie avanti di sé, e mandò un suo nuncio ad Achmach bailo, che abitava nella città vecchia, che da parte di Cingis figliuolo del gran Can, il quale or ora era gionto di notte, dovesse di subito venire a lui. Il che inteso, Achmach molto maravigliandosi andò subitamente, perché molto lo temeva, ed entrando nella porta della città incontrò un Tartaro nominato Cogatai, il qual era capitano di docimila uomini co' quali continuamente custodiva la città, qual gli disse: «Dove andate cosí tardi?» «A Cingis, il qual or ora è venuto». Disse Cogatai: «Come è possibile che lui sia venuto cosí nascosamente ch'io non l'abbia saputo?», e seguitollo con certa quantità delle sue genti. Ora questi Cataini dicevano: «Pur che possiamo ammazzare Achmach, non abbiamo da dubitare d'altro». E subito che Achmach entrò nel palagio, vedendo tante luminarie accese, s'inginocchiò avanti Vanchu, credendo che 'l fosse Cingis, e Cenchu che era ivi apparecchiato con una spada li tagliò il capo.
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