Fatto questo, detto prelato va ad un altare che ivi è, riccamente adornato, sopra il qual è una tavola rossa nella qual è scritto il nome del gran Can, e vi è il turibolo con l'incenso, e il prelato in vece di tutti incensa quella tavola e l'altare con gran riverenza, e allora tutti riveriscono grandemente la detta tavola dell'altare. Il che fatto, tutti ritornano alli luoghi loro, e allora si presentano i doni che abbiamo detto; e quando sono fatti i presenti e che il gran signore ha veduto ogni cosa, s'apparecchiano le tavole e le genti seggono a tavola, al modo e ordine detto negli altri capitoli, cosí le donne come gli uomini. E quando hanno mangiato vengono li musici e buffoni alla corte, solazzando, come di sopra s'è detto, e si mena alla presenza del signore un leone, ch'è tanto mansueto che subito si pone a giacer alli piedi di quello; e quando tutto ciò è fatto, ognun va a casa sua.
Della quantità degli animali del gran Can, che fa pigliar il mese di dicembre,
gennaio e febraio e portar alla corte.
Cap. 13.
Mentre il gran Can dimora nella città del Cataio tre mesi, cioè dicembre, gennaio e febraio, ne' quali è il gran freddo, ha ordinato per il spazio di quaranta giornate, atorno atorno il luogo dove egli è, che tutte le genti debbano andare a caccia, e li rettori delle terre debbino mandare alla corte tutte le bestie grosse, cioè cingiali, cervi, daini, caprioli, orsi. E tengono questo modo in prenderle: ciascun signore della provincia fa venire con esso lui tutti i cacciatori del paese, e vanno ovunque si siano le bestie serrandole a torno, e quelle con li cani e il piú con le freccie uccidono, e a quelle bestie che vogliono mandare al signore fanno cavar l'interiora, e poi le mandano sopra carri.
| |
Can Can Can Cataio
|