Vietò questo presente gran Can tutti i giuochi e barattarie, che appresso di costoro s'usavano piú che in alcun luogo del mondo, e per levarli da quelli li diceva: «Io v'ho acquistati con l'armi in mano, e tutto quello che possedete è mio, e se giocate voi giocate del mio». Non però per questo li toglieva cosa alcuna.
Non voglio restar di dir l'ordine e modo come si portano le genti e baroni del gran Can quando vanno a lui. Primamente, appresso il luogo dove sarà il gran Can, per mezo miglio per riverenza di sua eccellenza stanno le genti umili, pacifiche e quiete, ch'alcun suono o rumore né voce d'alcuno che gridi o parli altamente non s'ode; e ciascun barone o nobile porta continuamente un vasetto picciolo e bello, nel qual sputa mentre ch'egli è in sala, perché niuno avrebbe ardire di sputar sopra la sala, e come ha sputato lo cuopre e salva. Hanno similmente alcuni belli bolzachini di cuoro bianco quali portano seco, e giunti alla corte, se vorranno entrar in sala, che 'l signor li domandi, si calzano questi bolzachini bianchi e danno gli altri alli servitori, e questo per non imbrattar li belli e artificiosi tapeti di seta e d'oro e d'altri colori.
Del fiume Pulisangan e ponte sopra quello.
Cap. 27.
Poi che s'è compiuto di dir li governi e amministrazioni della provincia del Cataio e della città di Cambalú, e della magnificenza del gran Can, si dirà dell'altre regioni nelle qual messer Marco andò per l'occorrenzie dell'imperio del gran Can.
Come si parte dalla città di Cambalú e che s'ha camminato dieci miglia, si truova un fiume nominato Pulisangan, il qual entra nel mare Oceano, per il qual passano molte navi con grandissime mercanzie.
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